Come noto l’anno in corso è stato caratterizzato dall’incessante susseguirsi di Decreti Legge volti a mitigare ed arginare gli effetti economici e sociali della crisi epidemiologica legata al Covid 19.
In questo panorama si inserisce anche il Decreto Legge n.18, noto come Cura Italia, il quale, in un’ottica di tutela ed agevolazione delle imprese, prevedeva, all’art. 103, comma 2, che “tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020″.
Tra questi, l’INPS aveva annoverato, fin dal messaggio n. 1374 del 25.3.2020, anche i DURC.
Tale previsione è stata successivamente ampliata in sede di conversione dell’art. 103, comma 2, ad opera della Legge n.27/2020, entrata in vigore il 30.04.2020, ha previsto che “tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.”, dunque sino al 29 ottobre 2020.
Senonché, il DL n. 34/2020, c.d. Decreto Rilancio, entrato in vigore il 19.5.2020, all’art. 81, comma 1, rubricato “Modifiche all’articolo 103 in materia di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza”, modificava in questo senso l’art. 103, c. 2, DL n. 18/2020 “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, ad eccezione dei documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020, che conservano validità sino al 15 giugno 2020”.
La norma pareva quindi limitare la proroga accordata dalla conversione in legge dell’art. 103, comma 2, DL n. 18/2020.
Con riferimento a tale ultima modifica legislativa, l’INPS precisava, con messaggio n. 2103 del 21.05.2020, come “l’intervento normativo – di cui all’art. 81, DL n. 34/2020 – ha pertanto chiarito che i DURC restano esclusi dagli atti per i quali è stato disposto, in sede di conversione dalla legge n. 27/2020, l’ampliamento del periodo di scadenza e di quello riferito alla conservazione della validità dei medesimi”, così implicitamente ritenendo la norma retroattiva.
E tale interpretazione è stata successivamente confermata con il messaggio n. 2510 del 18.06.2020, nella quale, sulla base delle indicazioni di cui alla nota n. 6198, 15.06.2020, del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’Istituto Nazionale di Previdenza affermava che la modifica di cui all’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020, dovesse considerarsi “alla stregua di norma di interpretazione autentica, che, come tale, è idonea a privare ab origine di effetti la previsione normativa dell’articolo 103, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020, come modificata dalla legge di conversione n. 27/2020. Pertanto, la proroga di validità di cui all’articolo 103, comma 2, con riguardo ai Durc On Line, deve intendersi limitata ai soli Documenti aventi scadenza compresa tra il 31 gennaio 2020 e il 15 aprile 2020, che conservano la propria validità fino al 15 giugno 2020”.
Il rapido susseguirsi delle modifiche normative sopra menzionate, unitamente ai chiarimenti forniti dall’INPS ha avuto un grande impatto, specie tenuto conto dell’importanza che riveste il DURC.
E l’opzione ermeneutica fatta propria dall’INPS non convince sotto molteplici aspetti.
Innanzitutto, da un punto di vista formale, non risultava in alcun atto normativo o parlamentare che l’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020, costituisse una norma di interpretazione autentica.
Depone in tal senso non solo la rubrica della norma in parola, ma anche il Disegno di Legge di Conversione del medesimo Decreto Rilancio, presentato alla Camera dei Deputati il 19 maggio 2020 e che, proprio con riferimento all’art. 81, così lo descrive: “Reca modifiche al comma 2 dell’articolo 103, prevedendo che i documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020 conservano validità sino al 15 giugno 2020”.
Inoltre, ancorché la Corte Costituzionale non abbia stilato un vademecum sulle caratteristiche che una legge debba avere onde poter essere definita di interpretazione autentica, occorre tener presente che sino ad oggi le norme di interpretazione autentica hanno quasi sempre esplicitato la propria natura; vuoi nel senso di indicare la dicitura “legge di interpretazione autentica” nella rubrica della norma stessa, ovvero indicando nel corpus che una certa disposizione, o certi termini, dovessero essere interpretati in un certo modo.
Ne consegue che l’art. 81 DL n. 34/2020 non poteva essere ritenuto norma di interpretazione autentica, ma norma innovativa applicabile per il futuro in conformità a quanto stabilito dall’art. 11 Preleggi.
Sotto diverso profilo, la giurisprudenza della Corte Costituzionale pur riconoscendo al legislatore la possibilità di emanare norme di interpretazione autentica aventi efficacia retroattiva, ha sempre ritenuto che detta retroattività dovesse essere giustificata dall’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della CEDU (ex pluris sentenza n. 78 del 2012).
E, nel caso in esame, tale esigenza non è ravvisabile.
Inoltre, l’adozione di una norma di interpretazione autentica retroattiva non deve porsi in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (ex pluris sentenze nn. 93 e 41 del 2011) e altri valori di civiltà giuridica, tra i quali sono ricompresi “il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento – il quale discende direttamente dall’art. 3, comma 1, Cost.; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario” (ex multis sentenze n. 78 del 2012 e n. 209 del 2010).
E secondo la Corte Costituzionale, la norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica può dirsi ragionevole, e dunque costituzionalmente legittima, solo laddove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato in essa già contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (si veda in questo senso sentenza n. 257 del 2011 e n. 15 del 2012).
Nel caso di specie, il testo dell’art. 103, c. 2, DL n. 18/2020, così come convertito con modificazioni dalla Legge n. 27/2020 era chiarissimo nel prorogare la validità di tutti i certificati, DURC inclusi, aventi scadenza tra il 31.01.2020 ed il 31.07.2020, sino al 90° giorno successivo alla fine dell’emergenza epidemiologica, cioè fino al 29.10.2020. Pertanto nessun altro significato era contenuto nella disposizione in parola e, pertanto, se si ritenesse che l’art. 81 DL n. 34/2020 abbia natura di legge di interpretazione autentica, la stessa sarebbe costituzionalmente illegittima.
Anche alla luce di tali considerazioni e di quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale, l’art. 81, comma 1, Dl n. 34/2020 non può considerarsi norma di interpretazione autentica.
Diversamente opinando, la norma paleserebbe dubbi sulla sua legittimità costituzionale.
Innanzitutto, parrebbe sussistere una violazione del principio di ragionevolezza e dell’art. 3, comma 1, Cost., così come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale summenzionata.
Infatti, l’art. 81 DL n. 34/2020 non si limiterebbe ad assegnare all’art. 103, c. 2, DL n. 18/2020, così come convertito dalla L. n. 27/2020, uno dei possibili significati in esso già ricompresi.
In secondo luogo, verrebbe leso il principio del legittimo affidamento posto a tutela della fiducia dei consociati nella permanenza nel tempo di una certa disciplina normativa.
Sul punto occorre considerare il tenore letterale dell’art. 103, comma 2, Dl n. 18/2020, così come convertito con modificazioni dalla L n. 27/2020 e dell’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020.
Infatti, sulla base di tali elementi non poteva che ritenersi, da un lato, che tutti i certificati, compresi i DURC, con validità in scadenza tra il 31.01.2020 ed il 31.07.2020 fossero stati prorogati al 29.10.2020 e, dall’altro lato, che tale proroga non si applicasse ai soli DURC con validità in scadenza tra il 31.01.2020 ed il 15.04.2020, i quali veniva prorogati solamente sino al 15.06.2020.
E tale legittimo affidamento era stato rafforzato anche dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro – Direzione Centrale Coordinamento Giuridico, che con nota n. 160 del 03.06.2020, chiariva come l’art. 81 del DL n. 34/2020 avesse introdotto un’eccezione – esclusivamente per i documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile (i quali hanno conservato validità solo fino al 15.06.2020) – rispetto alla validità generale di “certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati”, in scadenza tra il 31.01.2020 e il 31.7.2020 che, restava fissata in novanta giorni successivi alla cessazione legale dello stato di emergenza.
Tuttavia, con il messaggio n. 2510 del 18.06.2020 l’INPS affermava che l’art. 81, DL n. 34/2020 poteva considerarsi alla “stregua di norma di interpretazione autentica, che come tale, è idonea a privare ab origine di effetti la previsione normativa dell’articolo 103, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020, come modificata dalla legge di conversione n. 27/2020”.
L’incertezza generata all’interno dell’ordinamento e la lesione del legittimo affidamento paiono quindi evidente, così rendendo l’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020, costituzionalmente illegittimo.
Sotto diverso profilo, laddove fosse accolta l’interpretazione fatta propria dall’INPS, l’art. 81, comma1, DL n. 34/2020, introdurrebbe una disparità di trattamento, qualora si consideri il contesto di emergenza in cui sono stati emanati i Decreti n. 18 e 34. palesando così un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale.
Infatti, è evidente come i DURC con scadenza tra il 31.1.2020 ed il 15.4.2020 ricevano un trattamento favorevole, in quanto ex lege prorogati fino al 15.6.2020, mentre quelli in scadenza dal 16.4.2020 fino al 31.7.2020 non godrebbero di alcuna proroga, nonostante la permanenza del periodo emergenziale e nonostante tali DURC si riferiscano al periodo emergenziale più acuto.
Pertanto, qualora l’art. 81, comma 1, fosse considerato alla stregua di una norma di norma di interpretazione autentica, situazioni uguali sarebbero trattate in maniera differente, ed anzi, situazioni differenti, di maggiore difficoltà, sarebbero sottoposte ad una disciplina peggiore; ciò in palese violazione dell’art. 3 della Costituzione.
I profili di illegittimità costituzionale sopra delineati impongono quindi di ricercare, tra le possibili interpretazioni della norma in parola, quella costituzionalmente conforme, onde evitare una possibile declaratoria di incostituzionalità.
A tal fine, a prescindere dalla natura innovativa o interpretativa della disposizione in parola, l’unica interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020 risulta quella, già sopra ipotizzata, dell’esistenza di una doppia disciplina in forza della quale la validità dei DURC in scadenza tra il 31.01.2020 ed il 15.04.2020 sia prorogata sino al 15.06.2020, mentre la validità dei DURC con scadenza dal 16.04.2020 fino al 31.07.2020 sia prorogata fino al 29.10.2020.
Peraltro, tale opzione interpretativa sarebbe l’unica possibile anche si volesse considerare l’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020, alla stregua di una norma di interpretazione autentica, così come affermato dall’INPS.
Analizzando le modifiche normative susseguitesi nel corso del periodo compreso tra il 17.03.2020, data in entrata in vigore del DL n.18/2020, e il 19.05.2020, data di entrata in vigore del DL n. 34/2020, l’art. 81, comma 1, parrebbe essere stata introdotto proprio al fine di risolvere delle problematicità insorte in seguito alla modificazione apportata all’art. 103, comma 2, in sede di conversione del Decreto Cura Italia.
Infatti, il DL n. 18/2020 aveva originariamente disposto la proroga sino al 15 giugno dei soli DURC in scadenza nel periodo compreso tra il 31.01.2020 ed il 15.04.2020.
Senonché, atteso che la L n. 27/2020 di conversione del DL Cura Italia è stata adotta il 29.04.2020 ed è entrata in vigore il 30.04.2020, i DURC scaduti tra il 15 aprile ed il 29 aprile rischiavano di non essere prorogati, nonostante il permanere del periodo emergenziale, in quanto, come è noto, le modifiche apportate in sede di conversione dei Decreti Legge in assenza di apposita previsione normativa, non hanno effetti retroattivi.
Pertanto, in relazione al periodo summenzionato sussisteva un vuoto normativo nonché un’evidente disparità di trattamento a seconda che i DURC scadessero tra il 16 ed il 28 aprile ovvero il 29.04.2020.
Nella prima ipotesi, infatti, alle verifiche sulla regolarità contributiva svolte tra il 17 ed il 29 aprile, l’INPS avrebbe applicato la disciplina prevista dalla versione originaria dell’art. 103, comma 2, DL n. 18/2020, che prevedeva la proroga al 15.06.2020 dei soli DURC in scadenza tra il 31 gennaio ed il 15 aprile.
Nella seconda ipotesi considerata, invece, le verifiche effettuate a partire dal 30.04.2020 avrebbero dovuto essere effettuate sulla base della più favorevole disciplina risultante dalla modifica apportata in sede di conversione all’art. 103, comma 2, DL n. 18/2020, la quale ha previsto, ma solo per il futuro, che la validità dei DURC in scadenza tra il 31.01.2020 ed il 31.07.2020 fosse prorogata fino al 29.10.2020.
Pertanto, solo laddove il Legislatore intendesse colmare il vuoto normativo derivante dalla Legge di conversione del DL n. 18/2020, l’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020, potrebbe essere considerata norma di interpretazione autentica. Ma anche in tal caso rimarrebbe fatto salvo il doppio regime di disciplina sopra illustrato.
E tale interpretazione risulterebbe l’unica costituzionalmente orientata possibile.
Diversamente opinando l’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020, risulterebbe costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3, comma 1, Costituzione, non solo per i profili già sopra illustrati, ma anche nella parte in cui non preveda che la validità dei DURC con scadenza compresa tra il 16.04.2020 ed il 31.07.2020 sia prorogata sino al novantesimo giorno successivo alla fine del periodo di emergenza.
Peraltro, le problematiche testé esaminate verranno con buona probabilità risolte in sede di conversione del DL n. 34/2020, atteso che all’esito della votazione tenutasi in data 8.07.2020 alla Camera dei Deputati è stata recepita la proposta emendativa, approvata in sede di Commissione Referente, di abrogazione dell’art. 81, comma 1, DL n. 34/2020. Laddove ciò fosse confermato, pertanto, tutti DURC in scadenza tra il 31 gennaio ed il 31 luglio verranno prorogati sino al 29.10.2020.